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La testimonianza di Tanino Rizzuto su don Antonio Riboldi: un “grazie per le battaglie per il riscatto del Belìce”

La testimonianza di Tanino Rizzuto su don Antonio Riboldi: un “grazie per le battaglie per il riscatto del Belìce”
11 dicembre
16:48 2017

Tanino Rizzuto è un giornalista siciliano di Salemi, che nel 1968, dalla prima notte del terremoto, e per gli anni che seguirono, ha raccontato il terremoto della Valle del Belice sul giornale L’ORA di Palermo. Rizzuto, è fortemente legato alla figura del parroco della Valle del Belice scomparso ieri, un “uomo” con cui ha collaborato per tanti anni e che ha rappresentato un simbolo per la gente del Belice. A lui, Rizzuto oggi rivolge un grazie: “Grazie, per le tue battaglie per il riscatto della Valle del Belice”

Di seguito la sua testimonianza:

«Don Antonio Riboldi, voce dei terremotati del Belice e vescovo anticamorra di Acerra è stato protagonista del Novecento. L’ho conosciuto don Antonio quando avevo 10 anni e l’ho poi apprezzato, da giornalista, nei mesi e negli anni del terremoto e del dopo terremoto nella valle del Belice. Lui parroco di Santa Ninfa e io giovane corrispondente del giornale L’ORA di Palermo. 

Per anni, quasi tutte le settimane, ci siamo incontrati a Santa Ninfa, nella sua chiesa-baracca, nella sua baracca dove viveva come la sua gente, e per anni ho raccontato il terremoto attraverso le sue battaglie e le sue denunce. Don Antonio, così veniva chiamato anche da vescovo,era un prete rosminiano del Nord, inviato a Santa Ninfa nel 1958, diventato poi un simbolo per tutta la sua gente. 

Santa Ninfa era allora una terra di mafia rurale e don Antonio comprese subito da che parte bisognava stare per far vincere la legalità e battere i soprusi. Si fece siciliano per capire il suo popolo e aiutarlo a ribellarsi. Già subito dopo il terremoto del gennaio 1968 don Antonio comprese i rischi che il territorio stava correndo per la presenza della mafia, per i tanti interessi della speculazione sulla ricostruzione e per una mancanza di pianificazione del futuro. Si oppose con forza alla mafia e alla politica corrotta. Denunciò a livello nazionale lo scandalo del Belice.

Don Antonio si confrontava anche con il sindaco comunista di Santa Ninfa, Vito Bellafiore: spesso facevano come Don Camillo e Peppone ma sulle grandi questioni e sulle scelte strategiche per dare un futuro alle popolazioni terremotate, trovavano l’intesa e si battevano insieme. In quegli anni don Antonio fu la voce forte dei terremotati. Quando i riflettori si spensero sulla tragedia del dopo terremoto e la gente continuava a sopravvivere nelle baracche di legno o di lamiera fu grazie a don Antonio che il caso Belice divenne un caso nazionale.

Portò il dramma del Belice direttamente a Roma, nei palazzi del potere e in Vaticano, da Papa Paolo VI. Nel 1976 guidò a Roma una delegazione di bambini baraccati e denunciò tutti i ritardi nella ricostruzione, le umiliazioni che la gente delle baracche stava subendo. “Don terremoto”, come lo definirono, finì sui telegiornali e sulle prime pagine dei giornali e qualcosa cominciò a muoversi.

Ricordo le infuocate assemblee nella baracca-auditorium del Comune di Santa Ninfa, quando si discuteva di come ricostruire il centro storico e il nuovo paese.Don Antonio era sempre presente,in prima fila, pronto a portare il suo contributo e a mettere in evidenza l’interesse della sua comunità. Santa Ninfa divenne così il punto di riferimento delle battaglie dei terremotati del Belice e don Antonio il simbolo di una terra che voleva riscattarsi e liberarsi per sempre dalla mafia e ricostruire,con i paesi,un futuro fatto di sviluppo e di speranza.

Ricordo quando, 10 anni dopo il terremoto, nel marzo 1978 nella piazza della baraccopoli di Santa Ninfa don Antonio venne consacrato vescovo di Acerra.  C’era tutto il popolo del Belice, più di 20 vescovi, il cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo. Una cerimonia popolare che entrò nella storia di questo pezzo di Sicilia. Da Santa Ninfa alla Diocesi di Acerra, dalla lotta alla mafia alla guerra contro la camorra. Don Antonio, sempre in prima linea a battersi con la gente onesta contro le mafie.

Tutta la vita di don Antonio Riboldi è stata dedicata alle lotte, in giro per l’Italia, per il trionfo della legalità e per far crescere,soprattutto nelle nuove generazioni, la cultura del rispetto della cosa pubblica e del coinvolgimento dei giovani al bene comune. Don Antonio lascia una grande eredità alla sua gente di Santa Ninfa che non l’ha mai dimenticato, ai suoi giovani di Acerra che lo hanno sempre sostenuto, a tutti gli italiani perbene che hanno riconosciuto in lui quel prete coraggioso che non ha mai arretrato di fronte alle sopraffazioni della mafia e della camorra e che ha avuto sempre parole di coraggio e di speranza per i più deboli e per gli ultimi.

Ho incontrato don Antonio Riboldi l’ultima volta a Piacenza, nella chiesa popolare della Besurica, strapiena di giovani, venuti per sentire la sua parola. È stato un incontro emozionante. Quel giorno abbiamo ricordato le tante battaglie del Belice e gli amici di quegli anni. Ci eravamo dati appuntamento il 14 gennaio del 2018 a Santa Ninfa, per i 50 anni del terremoto. Ci ha lasciati ieri a 94 anni, 35 giorni prima dell’anniversario del terremoto.

La Valle del Belice, la sua Santa Ninfa piangono Don Antonio a mezzo secolo da quel terremoto.  La notte del 14-15 gennaio 2018 oltre ai morti sotto le macerie in quel lontano 1968 verrà ricordato don Antonio, il parroco di Santa Ninfa che diede voce ad un intero popolo per vincere la battaglia della ricostruzione e per il riscatto di una valle». Gaetano (Tanino) Rizzuto 

La redazione di PartannaLive ringrazia il collega Rizzuto per questa sua toccante testimonianza che ci fa ripercorrere le tappe fondamentali della vita di Don Riboldi.

Rizzuto ha lasciato la Sicilia nel 1980 ed ha diretto per 35 anni tre quotidiani: a Pavia la Provincia Pavese; a Genova IL SECOLO XIX; a Piacenza il quotidiano LIBERTA’.

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