Quando conviene lavorare in un coworking


Ci sono quelli per i videomaker e quelli con il bookcrossing. Quelli di design e quelli nati in ex aree industriali. Dici “coworking” ed entri in un mondo dove si condivide sì lo spazio e dove la parola collaborazione è all’ordine del giorno, ma di fatto c’è anche molto di più.
Un coworking è sinonimo di rete sociale, ossia di un gruppo di individui connessi tra di loro grazie a diversi legami sociali che non hanno solo a che fare con il lavoro. Li scelgono i freelance, ma anche le aziende come uffici per i loro lavoratori in trasferta o fuori sede. E pure le istituzioni stanno puntando sempre più i riflettori su questo modo di lavorare.
Come il comune di Partanna, che nel 2016 ha dato vita a un coworking e un Fablab per supportare, in un centro di appena 11mila abitanti, futuri makers e freelance. O Milano che ha deciso di estendere una formula simile con l’iniziativa “Una poltrona per due”: soggetti professionali diversi, come parrucchiere ed estetista, possono lavorare insieme nello stesso negozio (magari il secondo nel negozio avviato dal primo e viceversa).