San Miceli e i segreti della fattoria tardo romana. Venuti: “Uno straordinario percorso di scoperte”

24 luglio
11:02
2018

SALEMI – Come avviene nella maggior parte delle avventure archeologiche, anche quella di San Miceli ebbe l’inizio con un ritrovamento fortuito di una moneta d’oro, fatto che diede un forte impulso esplorativo nel lontano 1893. Grazie alla vorace curiosità di Antonio Solinas, in breve tempo, il fenomeno si trasformò in una realtà dai risvolti ercolanesi, dando avvio ad una serie di scoperte molto significative. Il susseguirsi di diverse campagne di scavo, ha portato alla luce un “opus incertus” (in questo caso solo metaforico) a cui oggi possiamo attribuire una qualificazione spazio temporale tecnicamente più corretta.
Grazie alle informazioni acquisite prima e durante gli scavi e in seguito all’analisi delle strutture e degli oggetti rinvenuti durante le ricerche, solo al termine dell’ultima campagna di scavi è stato possibile avvicinarsi ad una – seppur parziale – ricostruzione delle vicende attinenti al sito di San Miceli e ottenute grazie all’attività sul campo compiuta dagli studenti, ricercatori e volontari. I risultati di questo straordinario lavoro sono stati presentati durante la conferenza tenutasi al Castello normanno-svevo lo scorso 14 luglio.
“La ricerca archeologica è un procedimento abbastanza lento, ma nonostante ciò quest’anno abbiamo fatto i passi da gigante” – apre il resoconto la Professoressa Elisabeth Lesnes, orgogliosa dei frutti dell’ultima campagna e prosegue:
“In presenza di tre grandi settori, quest’anno si è voluto aprirne uno nuovo, con l’aspettativa di trovare le tracce di una realtà contadina, il motivo per il quale abbiamo voluto allontanarci un pochino dai settori già analizzati, ma non è stato possibile spingerci oltre il limite dell’area di competenza e senza l’autorizzazione per esplorare i terreni che hanno il loro proprietario. Nel settore D sono stati trovati i resti di strutture molto rovinate, ma l’esplorazione di quest’area non ha dato i risultati sperati. Contemporaneamente si è continuato a lavorare sulle aree di precedente interesse. In un’area che abbiamo denominato “A” è stato rilevato il pavimento in coccio pesto e quest’anno la ricerca si è arricchita di strutture murarie alle quali abbiamo potuto attribuire una periodizzazione. Due vani sono ricoperti dalle edificazioni superiori, risalenti al VI sec. Quindi le murature sottostanti risalgono al periodo precedente e sono databili attorno al V sec. Quelle successive sono formate da grossi blocchi che ritroviamo appoggiati al muro sottostante, formato da piccole pietre. Questo ci consente di individuare due fasi differenti a cui risalgono queste costruzioni. Un’altro elemento importante è un camino di cui costruzione risale al VI sec. Lo abbiamo capito perché la struttura si appoggia al muro sottostante e le tegole che stanno alla base di esso che, guardate attentamente, appaiono strigliate e di conseguenza prodotte tra VI – VII sec.
Nell’area B, dirigendosi verso Ovest, è stata trovata la vasca battesimale. Si tratta di un Battistero all’area aperta, che non è una soluzione frequente. Non siamo ancora riusciti a trovare le assi delle pareti, ma abbiamo gettato le basi e preparato il terreno alla ricerca successiva. All’interno della terza area abbiamo fatto una scoperta molto interessante. Nella fattoria abbiamo trovato molti recipienti rotti e inutilizzabili, quindi una testimonianza di materiale diversa rispetto a quella venuta alla luce negli anni precedenti con i vasi e le giare usati per conservare le derrate alimentari. Nel butto di forma oblunga e ricavato nella roccia, venivano dismesse le cose che non servivano più. È una sorta di discarica tutta da scoprire” – conclude la Lesnes annunciando che il 1 dicembre verrà inaugurata la mostra dal titolo “Ko Boul Deus” una iscrizione in greco antico, che riprende una delle epigrafi presenti nei mosaici della pavimentazione.
Nella temporanea “Quello che vuole Dio” saranno esposti tutti gli oggetti (ceramica, metalli, monete, gioielli). Reperti verranno collocati nelle stanze del museo per un periodo di un anno, nell’attesa che il comune possa, in tempi brevi, assegnare all’interno del museo uno spazio adeguato dove trasferire la mostra in modo definitivo.
Ma la scoperta più grande è quella riservata ai segreti che la fattoria tardo romana custodisce e dove sono state rinvenute numerose tombe, sepolture diverse da quelle scoperte in precedenza e che presentavano l’esistenza di uno o due scheletri. In questo caso si tratta di resti che presumono la presenza dei corpi collocati uno sopra l’altro, una novità assoluta e l’obiettivo principale della prossima campagna, che si pone dinanzi alle numerose domande alle quali solo un accurato studio antropologico potrà dare risposte.
Nell’attesa degli accertamenti, la dott.ssa Rossella Giglio (dirigente, da anni, dell’unità operativa per la tutela dei beni archeologici della Soprintendenza di Trapani)
è rassicurante sul fatto che la convenzione non finisce qui. La stessa ribadisce che “Il sito manifesta una rilevanza sempre più consistente; con l’edificio ecclesiastico rurale, la zona abitata e il cimitero, è oggi una importante testimonianza dell’antichità, senza tralasciare il fatto che questo sito, insieme agli altri come Polizo e Mokarta, danno rilevanti informazioni sugli spostamenti del popolo di Alicia. È una zona fertile a margine di un fiume, che è stata abitata per un lungo periodo e testimonia un importante insediamento. Siamo felici del fatto che sia stata coinvolta la Curia e il vescovo Domenico Mogavero, molto sensibile e interessato al progetto di scavo che, ricordiamo, testimonia il nascere del primo cristianesimo nella Sicilia occidentale. Le collaborazioni messe in campo dal comune di Salemi e dal sindaco Domenico Venuti, sempre attento a creare nuove sinergie, hanno dato i suoi frutti. La convenzione sarà rinnovata!”
Soddisfatta e propositiva l’Amministrazione comunale: “Gli scavi archeologici di San Miceli hanno fatto dei passi in avanti importantissimi negli ultimi anni, diventando sempre di più un fiore all’occhiello per la nostra città e per la sua offerta culturale. La collaborazione con la Soprintendenza di Trapani e la Andrews University del Michigan, che ringrazio per il loro impegno, ha dato frutti straordinari apprezzati anche dal nostro vescovo, Domenico Mogavero, che da uomo di chiesa e di cultura è accanto a noi in questo stupendo percorso di scoperte legate alla basilica di San Miceli” – dichiara Domenico Venuti, sindaco di Salemi, consapevole dell’importanza del sito San Miceli e della conseguente necessità di tesaurizzazione dei reperti ai fini di tutela e di valorizzazione del patrimonio storico e culturale locale.
Paula Gnidziejko