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Bruciare sterpaglie è reato. Possibile risarcimento per i fumi molesti

Bruciare sterpaglie è reato. Possibile risarcimento per i fumi molesti
25 giugno
19:06 2017

Bruciare le sterpaglie, ramaglie, sfalci di potature e simili per ripulire i propri giardini è reato. Dare a fuoco i residui è sicuramente il metodo più veloce per smaltirli. Questi fuochi, tuttavia, oltre a essere illeciti sia dal punto di vista civile e penale, creano un danno non di poco conto ai propri vicini. Benché dal punto di vista civile non esiste una norma che vieti questa pratica, l’art. 844 del codice civile stabilisce che se le immissioni di fumo superano la normale tollerabilità, può impiantarsi una causa per la richiesta di un risarcimento anche se l’episodio è sporadico o singolo. In questi casi va, ovviamente, provato che è stato intaccato il proprio stato di salute e/o la salubrità dell’ambiente, o ancora che il fuoco sia stato appiccato volutamente per infastidirci. Non è reato se tale attività rientra nella anormale pratica agricola, nella selvicoltura o per la produzione di energia sempre che tale pratica non arrechi danno all’ambiente e alle persone (o agli animali ndr).

Il reato è penale quando l’incendio mette in pericolo l’incolumità pubblica. In questo caso rientrano anche quei contadini che per ripulire i propri campi lasciano incustodito il rogo, mettendo in pericolo la collettività sia per l’entità dell’incendio, le difficoltà di spegnimento o per la propagazione di  calore, fumo, gas nocivi o per l’indiretta mancanza di ossigeno. Ancora più grave è il reato se si bruciano rifiuti differenziabili o tossici. Con l’introduzione del decreto Terra dei Fuochi, d.l. n. 136/2013 (convertito con L. n. 6/2014), è stato introdotto il nuovo reato di “Combustione illecita di rifiuti”. A differenza dei casi è previsto il carcere fino a 6 anni e multe fino a 26 mila euro, nonché la sanzione per abbandono di rifiuti.

La materia è regolata autonomamente anche dai Comuni che, per la maggior parte, prevedono un divieto di accendere fuochi soltanto in un determinato periodo dell’anno  (tra il primo giugno e il 31 ottobre di ogni anno), pena una sanzione amministrativa. È vietata la combustione di residui vegetali agricoli “nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni”.  I Comuni e alle altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno “la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili”. Al di fuori di tale periodo la pratica è ammessa per piccole quantità giornaliere, entro i tre metri steri per ettaro, quindi accatastata in un metro cubo.

Per non incorrere in sanzioni o altri problemi si può valutare di conferire le sterpaglie nelle discariche pubbliche; utilizzare per le piccole quantità una compostiera o un trituratore di scarti vegetali per renderle fertilizzanti.

nella foto Paesaggio con casa e contadini di Van Gogh

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Agostina Marchese

Agostina Marchese

Nata a Salemi, giornalista, ha studiato scienze politiche e delle relazioni internazionali. Crede nel giornalismo d’inchiesta e a quello di strada tra le persone e per le persone. Collabora con “Belice c’è” e ha fondato una rivista sull'eterno femminino. È stata corrispondente del Giornale di Sicilia e ha collaborato con Telejato e Report. Ama la politica, la natura e andare oltre le apparenze.

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