Diario delle mie letture, “La natura esposta”


Viviamo in un periodo molto strano in cui l’apparenza conta più della sostanza. Nel decennio appena trascorso abbiamo fatto milioni di discorsi di questo tipo a tal punto che la mia affermazione rischia di essere scontata. Vabbé, l’abbiamo sentita chissà quante volte eppure gli effetti del berlusconismo anche senza Berlusconi sulla scena politica, almeno in posizione dominante, si sta facendo sentire in maniera più pervasiva proprio ora che ci siamo lasciati alle spalle una visione della politica e del mondo che potremmo chiamare edonismo berlusconiano. Per cui oggi ci viene davvero difficile leggere e comprendere profondamente un libro come quello dello scrittore napoletano Erri De Luca, “La natura esposta” (nella foto la copertina del libro), pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli. A partire dal titolo che potrebbe portarci su strade sbagliate, non so quanto voluto dallo scrittore, che di per se si presenta come una vera e propria metafora del modo in cui stiamo vivendo. C’è un passaggio che ci illustra pienamente questa sensazione, quando il protagonista del libro, montanaro alquanto solitario, che assomiglia molto allo scrittore partenopeo, incontra un bambino profugo che pronuncia la parola Dussendorf, che non viene intesa per il suo vero significato. A scanso di equivoci, il tema del libro non è il berlusconismo ne Berlusconi, ma la religiosità del nostro tempo, per meglio precisare, la religiosità laica e mistica, argomento dominante in tutti libri di Erri De Luca, che si confronta con la religione cristiana, i testi sacri, l’antico ed il nuovo testamento di cui lo scrittore napoletano è profondo conoscitore. In questo caso entrano in gioco anche l’ebraismo ed il mondo musulmano. La natura poi è presente nel libro nella doppia veste, quella ecologista tanto importante per il nostro autore da fargli rischiare qualche mese fa il carcere per essersi schierato dalla parte dei No Tav, e la natura esposta del titolo che è quella parte del corpo così importante per l’uomo, che viene coperta per motivi legati ad una cultura religiosa che in certi momenti della storia,vedi la controriforma, ha considerato oscena. Ci sono poi nel testo alcune piccole sorprese. Nelle prime pagine del racconto il tema sembra l’immigrazione, il protagonista infatti vive in un piccolo paese di montagna ai confini, accompagna per i sentieri difficili chi vuole attraversare la frontiera clandestinamente. Lo fa in maniera singolare, si fa pagare, infatti all’inizio del viaggio, ma a meta raggiunta, restituisce i soldi. Quando questa stranezza viene scoperta è costretto a fuggire dal suo paese per rifugiarsi nella città di Genova dove farà lo scultore. Vorrei adesso soffermarmi su alcuni aspetti della scrittura dell’intellettuale napoletano Erri De Luca. Innanzitutto i personaggi e i luoghi in quasi tutte le sue opere sono scarsamente caratterizzati, tanto che spesso possiamo associare i testi dello scrittore napoletano alle favole antiche. La morale, la filosofia, il ragionamento, le considerazioni mistico-religiose sono sempre presenti nei suoi testi. L’identità dei personaggi spesso è solo accennata, conta più quello che dicono, quello che pensano, quello che fanno, il più delle volte in maniera singolare. I testi di Erri De Luca sono, brevi poco più di un lungo racconto, assomigliano molto alle narrazioni bibliche, evidentemente l’erudizione dell’autore in questo campo ha influenzato enormemente la sua scrittura narrativa.
Ma ancora una volta restano sorprendenti i contenuti della scrittura come lo stesso autore ci dice in premessa:“È un racconto teologico: se il mondo e le creature viventi sono opera di una divinità, ogni racconto lo è necessariamente. Personalmente escludo l’intervento divino dalla mia esperienza, non da quella degli altri. Posso rivolgermi con il tu delle preghiere, delle collere, delle compassioni, solo alla specie umana”.
Riflettiamo allora di più sul mondo che ci circonda, sulle persone che incontriamo nella vita, su quello che accade attorno a noi. Rifuggiamo la superficialità, specie quella ammantata da sistema organizzato ma vuoto, riflettiamo sul fatto che la festa forse è finita, che ci spetta anche una preghiera laica.
Vincenzo Piccione