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Santa Ninfa: causa contro il Comune, la Corte d’Appello condanna dipendente a pagare le spese processuali

Santa Ninfa: causa contro il Comune, la Corte d’Appello condanna dipendente a pagare le spese processuali
24 luglio
16:04 2016

Il Comune di Santa Ninfa non dovrà risarcire alcun danno morale al proprio dipendente D. B. La Corte d’Appello di Palermo, con una sentenza depositata giovedì, ha posto quasi certamente la parola fine (il ricorso in Cassazione in questo caso è difficilmente configurabile) alla vicenda processuale iniziata nel 2013, allorquando l’ex ufficiale dello stato civile citò in giudizio l’ente chiedendo la condanna al risarcimento dei danni a suo avviso subìti perché, sosteneva, i funzionari comunali avevano violato le regole di pubblicazione, sul sito internet dell’ente, del provvedimento con il quale l’allora sindaco Paolo Pellicane gli aveva revocato le funzioni di ufficiale dello stato civile, rendendolo quindi accessibile a chiunque e senza particolari restrizioni, unitamente ad una delibera con la quale era stato affidato l’incarico ad un legale di costituirsi in difesa del Comune per rappresentarlo nel giudizio instaurato dallo stesso dipendente per l’annullamento di una sanzione disciplinare (poi confermata in Corte d’Appello).

Il ricorso di D. B. si basava anche sulla contestazione del Garante della privacy, il quale aveva ritenuto che i provvedimenti relativi al dipendente erano stati pubblicati in violazione delle norme che pongono limiti temporali e fissano modalità tecniche per evitare la rintracciabilità dei dati a tutela del cosiddetto «diritto all’oblio». Il Tribunale di Marsala, nel 2014, ha, però, respinto la domanda dell’ex ufficiale di stato civile, ritenendo non provato il nesso di causalità tra i presunti danni morali e l’avvenuta pubblicazione sul sito internet del Comune dei provvedimenti che lo riguardavano: il giudice osservò infatti che le notizie relative al procedimento disciplinare e la revoca delle funzioni di ufficiale dello stato civile erano state pubblicate su alcuni organi di stampa per sollecitazione dell’avvocato del dipendente, risultando «alquanto difficile, se non impossibile, stabilire in che misura la diffusa conoscenza delle vicende giudiziarie del B. e l’eventuale biasimo che in dipendenza di ciò il ricorrente abbia avvertito nei suoi confronti, siano dipesi dalla perdurante pubblicazione dei provvedimenti sul sito quanto, non piuttosto, dalla pubblicazione delle notizie sui giornali». In quella sede il Tribunale compensò le spese di lite. La Corte d’Appello di Palermo ha ora confermato tale sentenza, condannando però il dipendente a pagare al Comune le spese legali, determinate in duemila euro. A rappresentare il Comune è stato l’avvocato Giovanni Lentini. Legale del dipendente era invece l’avvocato Vito Passalacqua.

Il mese scorso, peraltro, il Tribunale di Sciacca aveva accolto il ricorso del Comune annullando la sanzione pecuniaria di quattromila euro inflitta dal Garante della privacy: il Tribunale ha ritenuto che non c’era stato eccesso di pubblicazione degli atti da parte dell’ente, in quanto non erano stati resi noti dati sensibili, ma esclusivamente dati oggetto di trasparenza pubblica attinenti all’organizzazione degli uffici.
Mentre la vicenda, dopo cinque sentenze ed un ricorso ancora pendente in Cassazione (contro la conferma della sanzione disciplinare), volge ormai al termine, molti si chiedono quanti soldi pubblici abbia dovuto spendere il Comune per difendere, nelle sedi giudiziarie, atti amministrativi legittimamente adottati.

(Nella foto il palazzo municipale di Santa Ninfa)

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