Gibellina: in scena “Ogni qualvolta levo gli occhi dal libro”
Giovedì 5 e venerdì 6 giugno al Baglio Di Stefano di Gibellina prende il via la sezione teatrale del festival “Orestiadi, nel segno del contemporaneo”, promosso dalla Fondazione Orestiadi. Alle 21,30 va in scena in Prima nazionale lo spettacolo “Ogni qualvolta levo gli occhi dal libro” di Claudio Collovà. Scene e costumi sono di Enzo Venezia, coreografia di Alessandra Luberti, musiche di Giuseppe Rizzo.
Con Salvo Dolce, Francesca Laviosa, Alessandra Luberti, Savi Manna, Emmanuelle Pointhieux, Sveva Raimondi, Arabella Scalisi, Alessandro Vella, Paola Virgilio, Gisella Vitrano. Produzione I praticabili e Officine Ouragan Palermo. Ingresso 5 euro. Biglietto al botteghino.
All’origine di Ogni qualvolta levo gli occhi dal libro vi è un dipinto di Magritte, Il mese delle vendemmie. Un’immagine cara all’Autore. La finestra si è poco alla volta svuotata dei suoi abitanti che sono usciti dall’apparente fissità del dipinto e hanno assunto una mobilità a volte imprevedibile.
Quando i magrittini hanno cominciato a muoversi non si sono più fermati. Liberati dal letargo, come gli uomini del sottosuolo a cui per troppo tempo è stata preclusa la vita in movimento, hanno levato gli occhi dal libro in cui erano assorti, e si sono messi in viaggio. E il loro procedere è finito con l’essere sempre più vicino al viaggio di Ulisse a bordo del Titanic. cetaceo meccanico divenuto mitico nel naufragio.
La struttura del viaggio riprende il resoconto poetico de La fine del Titanic di Enzensberger e infine molte delle immagini di Ogni qualvolta levo gli occhi dal libro sono state liberamente ispirate dall’opera poetica di Rilke, che con un suo bellissimo verso ci ha donato il titolo e molto altro. Alla fine raccontiamo di uomini e donne, capaci di vedere al sollevare degli occhi, una realtà trasfigurata, frutto della totale immersione nel mondo parallelo della poesia.
Sempre giovedì 5 e venerdì 6 giugno, al Baglio Di Stefano, dalle 18.30 parte la rassegna di cinema del Festival con i cortometraggi realizzati dagli allievi della Sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo. Documentari che indagano artisti rappresentativi di tutte le arti con forti radici e importanti connessioni.
Si comincia con “Himera_Christian Rainer” di Chiara Andrich e Valentina Pellitteri. Dallo sguardo eclettico dell’artista Christian Rainer, l’area archeologica di Himera – nella difficile e maltrattata zona industriale di Termini Imerese – prende vita trasformandosi in un set per una performance gestuale e intimista; attraverso un rapporto empatico e ancestrale con gli antichi resti di templi, strade e abitazioni, immersi in una natura che ciclicamente li nega alla vista, il lavoro riflette sui temi della memoria storica, della nascita e della morte, quali componenti intrinseche al lavoro dell’archeologo e al suo decifrare una civiltà dai frammenti erratici che ne rimangono.
A seguire, “Alberto Burri, la vita nell’arte” di Davide Gambino e Dario Guarneri. Alberto Burri maturò con la Sicilia un rapporto profondo e duraturo nell’ultima fase della sua vita, quando ebbe l’intuizione di dedicare un grande mausoleo in memoria delle vittime del terremoto del Belice (1968) ricoprendo i resti di Gibellina vecchia, andata completamente distrutta, con un gigantesco Cretto in cemento bianco. Il Grande Cretto è ancora oggi la più grande opera d’arte ambientale al mondo. La vita di Burri viene ricostruita sulla falsariga di questa straordinaria impresa, grazie alla testimonianza di chi lo conobbe bene, come Jannis Kounellis e Maurizio Calvesi, che ne tratteggiano – tra gli altri – un ritratto intimo e inedito.